Socializzare fa parte dell’animo umano. Se oggi però ci si affida moltissimo a social e incontri virtuali, un tempo era indispensabile la presenza fisica. E vi erano luoghi e situazioni che sicuramente stimolavano queste forme di scambio e confronto. La fontana era sicuramente uno di questi: qui le donne si incontravano per lavare i panni o, meglio, per “far la bugada”. E poi c’era lo “sfojar” o la “vendema”, che rappresentavano importanti momenti attesi per stare insieme.

Pranzo a sacco durante il farlet
Dopo la raccolta del grano le famiglie contadine dovevano “desfoiar” le pannocchie. In queste occasioni serviva aiuto: chiamavano un suonatore che con la ziboga intrattenesse la serata. Molte persone del paese andavano ad aiutare nelle cantine/volti e, con l’aiuto della musica, diventava sicuramente un momento partecipato e divertente. La nonna ricorda con emozione queste giornate: dice che una volta c’era più collaborazione e solidarietà tra paesani. Tutti si aiutavano in un modo o nell’altro.
Giorgia, Cembra

Raccolta del forment – anni ’60
In occasione del “desfoiar”, che rappresentava un momento di lavoro, ma anche di festa, si realizzavano anche i materassi per dormire. La loro pulizia veniva fatta una volta all ‘anno in estate: in questa occasione venivano tolti “i sfoiazi”, arieggiati i materassi e realizzata una nuova imbottitura.
Tiziana, Giovo
Castagne, brulè, fisarmonica: il periodo delo sfoiar era sempre una festa, da trascorrere insieme. A volte, ritrovandosi, si ascoltava insieme alla radio. Lo zio ricorda bene come in una di queste occasioni venne trasmessa la notizia della morte di Kennedy, nel 1963.
Elena, Giovo

Alceo e Rocco alle prese con l’attività del “ligar” a Palù
Ai tempi non c’erano lavatrici e, a dire il vero, nemmeno l’acqua nelle case. Per questo i panni si lavavano alla fontana, che diventava così anche un luogo di ritrovo. A “far la bugada”, manco a dirlo, erano le donne, che in questo modo si scambiavano chiacchiere e novità sul paese. Ovviamente, capi come le lenzuola non si lavavano frequentemente come oggi. Particolare il fatto che in caso di persone malate, spesso lo si faceva di notte per una questione di vergogna.
Stefania, Lona
Mi sarebbe piaciuto andare in vendemmia ma le femmine erano escluse da questa attività. E così andavo in oratorio con le suore e facevo giocare i bimbi piccoli. Però ricordo la pesca di beneficienza a San Rocco e la Canta dei mesi a Carnevale, un momento bellissimo dove i cantori si fermavano in ogni piazza. Papà suonava nell’orchestra. C’era la corte con il re, il servo nero, le quattro stagioni e i dodici mesi, preceduti da arlecchini che ballavano con una pertica con appesa in cima un pallone fatto con una vescica di maiali gonfiata.
Teresa, Cembra
Quando eravamo bambini avevamo tre castagni tra Lisignago e Cembra. E così, andavamo a battere le castagne e le portavamo a casa per metterle nei ricci. La sera le cuocevamo nella piastra e, visto che non avevamo né televisione né radio, il papà prendeva la chitarra in mano e la suonava per noi. Eravamo 5 figli e per noi erano momenti di pura felicità.
Teresa, Cembra